Davvero un Natale particolare questo mio. Non poteva che
essere così essendo la prima volta nella mia vita che, per scelta, lo trascorro
lontana da casa, al Cairo, in una missione di padri comboniani, in un Egitto in
bilico tra la necessità di fare rivoluzione e l’assenza di strumenti e
strategie utili a renderla efficace.
E allora cerco di descrivere, innanzitutto a me, questi
brevi giorni natalizi. Dirò solo degli eventi che hanno reso diverso lo
scorrere del quotidiano vivere.
22 dicembre.
Concerti
Dopo alcuni giorni passati con l’influenza, oggi finalmente
uscirò. Si accavallano due eventi questa sera, due concerti di Natale, quello
alla Paroisse Saint Joseph e quello,
maggiore, alla Basilica Notre Dame. Ho
scelto di andare con Joseh, P. Paul, P. Angelo e un po’ di altre persone, a
Sain Joseph che da qui raggiungiamo a piedi in 15 minuti. Elsa, con Emanuele e
Sherif andranno in Basilica a Heliopolis, vicino a casa loro. Il concerto
incomincia puntuale e nell’arco di un’ora e mezza si susseguono canti in
diverse lingue. Alcuni vengono cantati dal coro dei bambini. Alcune arie
toccano le mie corde emozionali più di altre come quella libanese che, cantata
con toni energici e toccanti, ci parla dell’emozione dell’attesa del Salvatore.
La chiesa è piena e il parterre
è gremito di giovani che, più che ascoltare il concerto, si comportano come se
fosse la festa dell’ultimo giorno di scuola. Bambini, indisturbati dai canti e
dai loro genitori, giocano senza risparmiare i loro schiamazzi. Non si contano i
cellulari che suonano e gli sguardi femminili, più o meno discreti, che girano fra
i banchi in cerca di una non facile fashion
competition, o di qualche succulento gossip. Nel corridoio centrale fra le
bancate principali, si avvicendano verso i banchi sotto il palco-altare, noti attori
e personaggi di cinema e televisione egiziana. Mussulmani in mezzo ai
cristiani: l’odore di soldi e notorietà ridimensiona le differenze religiose. Voglio
elevare la questione con un meno volgare nobless
oblige.
Fotografi e cameramen con giornalisti al seguito si
avventano sulle stars. Il tutto senza
il minimo disturbo da parte del concerto in atto.
Dentro di me, le riflessioni su ciò che mi circonda si
affiancano, senza alcuna pretesa, all’ascolto della musica. Così, come fosse un
tutt’uno, come lo è il mio sonno con la presenza del traffico.
Prima che finisca il concerto, decido di fare qualche foto.
Attraverso con Joseph la chiesa per avere un’altra angolatura. Intravediamo,
sedute su due sedie e barricate dietro ad un muro di giovani chiassosi, suor
Pina ed una consorella. Mentre le saluto, mi dicono sconsolate e rassegnate che
hanno potuto sentire davvero poco di quello che avrebbe dovuto essere un bel
momento musicale.
Il concerto finisce con l’Halleluiah di Handel e l’appaluso
finale è da stadio, quasi un rito liberatorio dopo le fatiche che questo
pubblico ha sostenuto durante l’ora e mezzo di canti. All’uscita l’aria del
Cairo verrà invasa da insulse chiacchiere e commenti formali mentre i pensieri
cammineranno su strade diverse.
Per non rischiare di rimanere travolti da questa ondata di
falsi convenevoli noi, così come siamo arrivati, ce ne andiamo, defilandoci leggeri
nel buio della sera.
23 dicembre.
Anniversari
Ieri sera addormentandomi pensavo a quando, 11 anni fa, questo
stesso giorno alle 5 di mattina, papà moriva in un letto di Villa Bianca
consumato come un lumicino dal suo tumore. Chiederò a Padre Angelo di
ricordarlo nella messa di oggi o di domani. Il mio papà.
Confesso il mio pianto pensando alla sua sofferenza e alla mia
di quel momento. Quel pianto di bambina che non si consola, che chiede -come
allora- ancora tempo e coccole. Poi, la Simo adulta, consola la bambina e tutto
torna a posto. Ciao papà, ti penso e ti voglio un sacco di bene.
Un’altra riccorrenza occupa la nostra giornata: il compleanno
di Joseph. Lo anticipiamo di un giorno, visto che domani parte per Alessandria,
dove andrà a trascorrere il Natale con i suoi.
Gli ho preso un pensiero, una pashmina, con cui potrà coprirsi la gola in questi giorni, in cui
anche lui si sta ammalando. La giornata scorre normale fino all’ora dei
festeggiamenti. Caro Joseph, amico prezioso perché buono e intelligente, i tuoi
40 anni sono anni spesi bene, e chiunque ti conosce lo sa.
24 dicembre. La Vigilia
Tutto scorre un po’ nella solitudine che i padri sono indaffarati
con gli impegni a cui il loro servizo li chiama e Joseph è partito.
Proseguo nei miei lavori, intanto. Nel pomeriggio raggiungo
Elsa al Naadi e l’aiuto a preparare il buffet per l’appuntamento con i
parrocchiani dopo la messa della Vigilia.
Oltre a predisporre i cibi per la serata, prepariamo i
tavoli con le nuove tovaglie e terminiamo di decorare la sala. Gaston,
immancabile colonna del Naadi, collabora instancabilmente.
Alle otto vado a messa, che si ricorda anche il mio papà.
Messa in francese, meno difficile di quella araba, certamente. Tanto, penso,
papà il francese lo leggeva su Le Monde J
Amo il profumo dell’incenso che Taddaus sparge con sapienza,
e la lingua francese da un particolare tocco di classe a questo antichissimo
rito.
Terminata la funzione, prima di scendere al Naadi, corro in
camera per l’appuntamento su skype con i ragazzi che sono dalla nonna per la
cena della Vigilia.
Nessuno.
Messaggi su facebook ed sms e li raggiungo a casa di mia
sorella: la nonna è al pronto soccorso che è caduta per la terza volta. Quest’ultima
in casa poche ore fa.
Così i ragazzi fanno il loro primo Natale senza genitori e
nonna. Siete voi i nuovi adulti ora, li
avverto con un profondo sentimento materno. Provo una gioia struggente
pensandoli lì, seduti a tavola a raccontarsela, così, proprio come facevamo noi
da ragazze, con i nostri morosi, sperimentando l’adultità.
Rimaniamo d’accordo che quando hanno notizie mi scrivono su
Fb.
Scendo al Naadi, bevo la cioccolata calda, mangio qualcosa e
dopo alcuni convenevoli un po’ in giro, passo il mio tempo a chiacchiere con
Michael e Mina, due giovani ragazzi del Cairo che vorrebbero andarsende dall’Egitto.
Parliamo di politica, di religione, di società … Con me fanno anche pratica di
italiano e Michael, un vero tesoro di ragazzo, insiste che io impari l’egiziano,
l’arabo corrente, non quello classico che non si capisce. Così, davanti ad una
birra, ci sediamo e inizia la lezione. Tutto semplice finchè scrivo e ripeto,
quando si tratta di ricordare senza leggere, le cose cambiano. Ma è solo questione
di pratica.
Si fa tardi ed è ora di andare a dormire che domani è un
altro giorno.
25 dicembre. Natale
Oggi è la giornata degli auguri! Tutti che twittano, scrivono
mail, messaggi su Facebook, sms. Buon Natale! Auguri, Serenità! Frasi
bellissime, disegni e foto grandiosi … bontà e amore a profusione, abbracci a
non finire e baci, tanti baci e auguri, tantissimi auguri! Ma che bello! Ma che
gioia! Per un attimo ci troviamo come in una bolla di sapone che sale in alto
sospinta da un vento leggiadro. Bella, grande, trasparente e luccicante nelle
sue iridescenti sfumature.
Svegliata alla solita ora faccio la doccia e mi vesto “da bene”,
cioè non in tuta J
Poi sento Valter per gli auguri, rispondo agli auguri
arrivati per le innumerivoli vie telematiche, mando sms ai ragazzi, leggo della
nonna che è stata ricoverata, non grave, ma per sua sicurezza.
E così discorrendo fino all’ora di pranzo: un classico
pranzo di Natale italiano sapientemente organizzato da P. Angelo. Antipasto,
ravioli in brodo di carne, agnello (che mangio per la prima volta), contorni e
vino: bianco per me e un merlot rosso per i padri. Sì, oggi con noi si sono
seduti anche due dei padri che sono al Cairo per studiare arabo a Dar Comboni.
Non so i loro nomi, solo che uno è dalla Tanzania e l’altro del Congo. Angelo
guida la conversazione con me e con loro che apprezzano la novità del nostro
cibo. Tutto si svolge in un clima tranquillo, senza aspettativa alcuna se non
quella di assaporare il cibo in quella che è una giornata di Natale uggiosa. Ci
aspettiamo che piova, forse stasera o stanotte. Anche solo mezz'ora È da ieri
che un cielo che pare gravido, ci parla di questa possibilità.
Terminato il pasto, ci accomiatiamo e passiamo in sala tv
per vedere le notizie dall’Italia. Dopo un quarto d’ora di notizie drammatiche,
decidiamo di spegnere e di andare ognuno a fare le proprie attività. Per me, quella
di tenere il diario di questa esperienza, è l’attività preferita, anche se mi
stanca stare a computer così come pensare e scrivere con il costante rumore di
fondo dei clacson. Sì, ci sono abiutata, è vero, ma è comunque una forma di
violenza per l’essere umano. Ed è brutto pensare e vedere che alla violenza ci
si può anche abituare.
Poi trascorrerò del tempo nella lettura e nelle riflessioni
in attesa di domani, un nuovo giorno di normale attività.
Salam
Simonetta
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