Ahlan wa sahlan!
Mentre il muezzin imperversa ad un volume altissimo per la quinta volta in questo venerdì di
festa, vi parlo di due eventi avvenuti nella giornata di ieri, 15 novembre. Il
primo, conosciuto e atteso da tempo, è il compleanno di P. Alberto che è
stato ampiamente festeggiato in serata al Naadi. Il secondo, meno festaiolo,
vede l’arrivo a Cordi Jesu di un secondo uomo, diversamente perso per il Cairo.
Da poco passate le 13
Thaddaus, che si occupa della sacrestia, percorre il lungo corridoio per venire
a dirci che nel Naadi è arrivato un uomo, un olandese, che chiede aiuto. I
padri superiori sono fuori e tocca a Diego, con me al seguito, occuparsi di
questo caso.
Scendiamo.
Seduto ad un tavolo all'aperto, con una tazza di Nescafè al latte, sta un signore molto alto e
magro. Diego prende una sedia e gli si siede accanto. Io sto in piedi.
Incomincia il gioco delle domande e delle risposte.
Diversamente da Giovanni,
Michael, nome che ci darà alla fine, non traspare alcuna emozione.
La mia percezione è negativa. Lo dice il mio sesto senso che
mette in stand by la mia consueta
modalità accogliente. Il racconto è sintetico e va subito al sodo: mi hanno rubato soldi e documenti, sto
dormendo alla diaccio da alcuni giorni, ho avuto dolori all'intestino e allo
stomaco, sono andato a chiedere ospitalità ad altre chiese non sono stato
accolto e mi hanno dato l’indicazione di venire qui.
Ci mostra un foglio della polizia
con la denuncia del furto.
L’atteggiamento è freddo,
distaccato. I suoi occhi azzurri non tradiscono alcuna emozione. Il suo lungo viso
dagli zigomi alti è scavato, e termina con una mascella ed un mento squadrati,
leggermente spinti in avanti. Le labbra sottili, disegnano una bocca grande. La
dentatura appare sana, la barba non ha più di due giorni e la testa è ben rasata.
L’abbigliamento è decoroso.
Sono in attesa che
l’ambasciata mi faccia il duplicato del passaporto e fino al 21 novembre non ho
modo di avere soldi. Fino ad allora devo trovare una sistemazione. Poi andrò in
Spagna che qui al Cairo la vita è da pazzi, troppo caos, troppo rumore …
Tutto ciò, e quanto ancora dirò
per farvi comprendere la situazione, non ci è stato raccontato in modo fluido,
ma solo in seguito a precise domande di Diego, educatamente ficcanti, che cercava di capire meglio.
Non ho più alcun
contatto in Olanda, prosegue, sono
via da sette anni, non è poi una cosa così strana. Non lavoro per nessuna
azienda, il denaro che aspetto è quello di una pensione minima di invalidità
che mi arriva alla Western Union dagli Stati Uniti d’America. Con quei soldi in
Olanda non è possibile vivere, la vita è troppo cara. Così vivo nei paesi del
terzo mondo. Per avere il passaporto devo pagare, quindi devo aspettare i
soldi.
Questo è quanto è emerso da quella che potremmo
definire un’intervista ad una persona
quasi reticente. Diego fa presente che non può prendere decisioni senza essersi
consultato con i superiori e che, se a lui non dispiace, prederà informazioni all'ambasciata per avere un controllo di quanto dice, che è la prima volta che
ci troviamo in una simile situazione.
È allora che Michael ci da nome e cognome (che non riporto per
rispetto della privacy) dicendoci, però, che le ambasciate dopo le 14 sono
chiuse.
Lo invitiamo a fermarsi al Naadi dove Elsa gli servirà da
mangiare e potrà riposare dentro o fuori, come preferisce.
Saliti, recupero
immediatamente il numero di telefono dell’ambasciata che si trova sul retro
della mappa del Cairo che ho acquistato nella bella libreria dove ho preso
anche il regalo per Alberto (chissà perché le librerie sono belle ovunque. Sarà
che sono luoghi pregni di cultura e chi respira quest’aria non può che crescere
in conoscenza).
Diego telefona.
Rispondono.
Si presenta e chiede informazioni.
Vogliono capire perché chiediamo informazioni.
Pazientemente Diego racconta la storia ad un’impiegata
fredda e distaccata. (Ma saranno tutti così gli olandesi?)
Dopo una certa attesa,
l’impiegata ritorna confermando l’identità dell’uomo e la perdita del
passaporto. Diego insiste per cercare di capire se possiamo fidarci ad
ospitarlo.
La signora si assenta ancora, evidentemente va a chiedere
cosa può dire e cosa non dire. Tornata alla conversazione dice, pare leggendo
una frase scritta da qualcun altro, che non può dire altro se non che nelle
altre chiese non lo vogliono più ospitare che ha dato problemi.
Avvisiamo i padri superiori e P. Giovanni telefona ad Elsa
dicendole di proporre all'uomo uno scambio: in cambio di alcuni lavori che puoi
fare per la missione ti guadagni i soldi per dormire fino al 21.
Nel frattempo mi
faccio un film mentale, che racconto a Diego. Più o meno suona così: lui,
uomo fra i 55 e 57 anni, è stato un soldato mercenario delle forze internazionali
in guerra in qualche paese del medio oriente. È stato ferito non gravemente ma
tanto da non consentirgli di proseguire il suo “lavoro”. Diventa quindi un
invalido di guerra e prende una pensione minima dal governo USA. Come tanti
soldati in tempo di guerra ha fatto uso di stupefacenti per resistere agli
orrori e alla solitudine, e forse non ha smesso. Ha interrotto ogni rapporto
con la famiglia di origine che forse gli stava stretta o che lui stava stretto
a loro. Non ha costruito alcun rapporto di amicizia come può accadere a chi fa
il mercenario. Ora girovaga per i paesi dove la vita costa meno senza avere un
posto dove tornare. Quando rimane senza soldi, vive di espedienti compreso il
chiedere ospitalità presso le comunità religiose. Alla fine del film, ho suggerito a Diego di googlare il suo nome.
Ore 16.00. Scendo
che devo andare da Elsa per l’organizzazione dell’evento del prossimo 24
novembre. L’uomo è seduto ad un tavolo fuori. Ha messo il giubbotto.
I soliti piacevoli convenevoli con Gaston. Bonjour Gaston comment ça va? E lui, Vous ne dites pas bonjour madame, mais bon après-midi! Ed
io, ridendo che so che lo faccio contento il mio caro vecchietto: Comme vous voulez Gaston, bon après-midi!
Nel mentre arriva Emanuele con cui ci salutiamo con affetto
accennando all'appuntamento di sabato con i ragazzi.
Con la coda dell’occhio lo osservo. Scrive.
Entro nel Naadi, parlo con Elsa e risalgo.
Più tardi
incontro Diego e gli chiedo di Michael. Mi racconta di essere andato da lui. Gli
racconta di quanto detto dall'ambasciata e, ancor prima di sentire cosa aveva
pensato rispetto all'offerta di Giovanni, l’uomo, scocciato e risentito, se ne
va.
Stamani Diego ha googlato
il suo nome e, se non è un omonimo che gli assomiglia, l’uomo ha avuto dei guai
con la giustizia americana per detenzione di stupefacenti. Le precauzioni di
Diego e il mio sesto senso, assieme alle riflessioni fatte soprattutto circa la
mancanza di contatti, anche di una sola amicizia, ci avevano dato le giuste
indicazioni per agire.
Questo episodio
ci è servito a riflettere sulla richiesta d’aiuto, sul senso dell’accoglienza come
anche sulla reciprocità. Ricordo quando feci il corso per Ospitalieri dei
pellegrini (volontari che prestano il loro tempo per fare ospitalità negli
ostelli lungo i cammini, come i Cammino di Francesco o lungo la via Francigena
o, sul più conosciuto, Cammino di Santiago), dove una delle cose che ci avevano
insegnato, e di cui abbiamo discusso a lungo, era proprio la capacità di
distinguere fra chi chiedeva ospitalità come pellegrino e chi, invece, come
escursionista.
Offrire il proprio tempo libero ed il lavoro come
ospitaliere a poco prezzo o ad offerta, quando non addirittura gratuitamente, ad
un pellegrino piuttosto che a chi fa del trekking è certamente una cosa diversa.
E così anche a chi si perde al Cairo.
E così anche a chi si perde al Cairo.
Salam!
Simonetta
Gaston compie 77 anni! |
Tenerezza |
L'entusiasmo per i regali non si esaurisce mai! |
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