lunedì 23 dicembre 2013

Natale, occasione di ri-nascita.

La ricorrenza della nascita di Gesù è ormai dietro l'angolo.
Assieme a questo evento ormai targato come mediatico e commerciale, dietro l'angolo ci stanno un sacco di altre cose che, ai nostri occhi, appaiono certamente più concrete, più palpabili ... vere.
Certo, anche Gesù è vero, nel senso che è esistito, ma per molti è ancora difficile comprendere la portata del suo messaggio d'Amore, della Verità di cui si è fatto carico e che ancora oggi cerca di trasmettere a tutti noi.
Dietro l'angolo dicevo, troviamo anche la grande povertà dei giorni nostri.
Non solo quella povertà materiale imputata, in maniera falsa e ipocrita, alla mancanza di crescita economica, ma anche una povertà etica, di senso della collettività, di partecipazione al senso profondo della Vita e del Creato.
Queste cose in realtà, come Gesù, non stanno dietro l'angolo, ma davanti ai nostri occhi ogni giorno ed ogni giorno abbiamo la possibilità di rendercene conto, di lasciare che tutto ciò pervada il nostro cuore, il nostro sentire. Ogni giorno può essere Natale, perché ogni giorno è il momento adatto per una ri-nascita.
Mi piace ricordare il mio scorso Natale passato al Cairo a Cordi Jesu, la missione dei padri comboniani, assieme a tutti gli amici conosciuti, amati e radicati nel mio cuore.
Nel ricordo di quei giorni desidero condividere con voi, amici, la lettera di Natale di Padre Diego che al Cairo segue la comunità dei rifugiati sudanesi.
Vi auguro un sereno Natale di ri-nascita.
Salam,
Simonetta

Natale: onnipotenza al rallentatore
Quando Dio decise di fare il contadino, e non l'imperatore

Carissimi amici e amiche di Cogollo, Piovene, e dintorni!!

Un abbraccio dal Cairo. Questa volta vi mando un abbraccio freddo, non tanto per il clima – che ha portato la neve anche nella terra dei faraoni, dopo decenni – ma soprattutto perché quest’anno più che mai il mio cuore arriva a Natale spezzato in due. Da una parte sono molto felice e soddisfatto, quasi estasiato. Dall'altra, quello che sta succedendo in questi giorni in Sud Sudan mi riempie di una tristezza e un’amarezza che davvero ottenebrano la luce di questo Natale. E – ad essere precisi – il Natale è la festa della luce che “le tenebre non hanno potuto sovrastare” (Giovanni 1:5).

Ho pensato a lungo a quale delle due metà del mio cuore dovesse scrivere questa lettera, e alla fine mi sono accorto che sono due facce della stessa medaglia. Come la povertà, che ha le due facce della semplicità e della miseria, così l’incarnazione di Dio ci parla di due misteriose lentezze: quella dell'imperatore e quella del contadino.

Gli imperatori e i potenti della terra sono lenti perché – a duemila anni dalla sua venuta – ancora non sanno dove trovarlo, il re dell’universo. Lo cercano nei palazzi, nel successo, ma non lo trovano. Troppo dura, per loro, uscire dai palazzi e cercare altrove. Così pure dopo 40 anni di guerra, i leader del Sud Sudan ancora non sanno trovare la via della pace. Troppo duro per loro cambiare modi di risolvere i problemi. Noi tutti, nella vita quotidiana, siamo lenti nel voler ascoltare il messaggio di Gesù: diciamo che è difficile, quando invece è semplicissimo. Il fatto è che ci fa comodo pensare che sia difficile, così non ci sentiamo in colpa. 
La beffa sta nel fatto che spesso accusiamo Dio di essere lento. Sì, Dio si è fatto lento, ma quando invece di usare la bacchetta magica è sceso in terra, ha assunto la nostra natura (fragile) e si è fatto uomo. Dio non è un elicottero delle Nazioni Unite. Dio è un germoglio che spunta lì dove il ghiaccio credeva di averla avuta vinta sul terreno fertile.

E questo mi porta all'altro lato del mio cuore, quello pieno di speranza. Quello che crede nella potenza della lentezza. Dio incarnato è potenza nel tempo. Onnipotenza rinchiusa in un piccolo, insignificante bambino. Onnipotenza del seme che cresce, del messaggio che entra, senza che venga detta parola. L’onnipotenza degli esempi, contro il mito di potenza delle parolone. 

Martin Luther King, nel suo stupendo messaggio “I have a dream” ha detto “con questa speranza, estrarremo un sassolino di speranza dalla montagna della disperazione”. In qualche modo, è quello che i miei studenti e io stiamo facendo in queste settimane, pubblicando un libro di storie scritte da loro, in cui si prendono il lusso di sognare (si, anche i poveri sognano). Vi mando la foto che metteremo sulla copertina.
Questo è Natale: speranza, nonostante tutto. Non ce ne servono vagoni. Ce ne basta poca, la speranza di un seme. Nella fiducia che il seme, piano piano, crescerà.

Buon Natale a tutti!!
Abuna Diego


martedì 10 dicembre 2013

Sospiri di lontananza ... Embaba

Seduta nel soggiorno di casa, come sottofondo Calypso di De Gregori, riordino alcune foto e come ci fosse una calamita, vado a rivederne un po' di quelle fatte lungo la mia permanenza al Cairo.
Embaba, il quartiere di Michael e Mina. Il ponte che attraversa il Nilo per arrivarci è detto il "ponte di ferro" e fu progettato da Eiffel. 
Forse a qualcuno sembrerà impossibile, o quantomeno strano, ma di quello strano agglomerato, di quel guazzabuglio che è il Cairo, ho nostalgia. 
Dunque, sospiro.
Salam, habibi!

















venerdì 6 dicembre 2013

Il mondo si inchina davanti a Nelson Mandela

È morto Nelson Mandela.
Mentre sentivo il giornale radio delle 7.30 in macchina, la sua voce, i commenti, la storia … mi è venuto da piangere che ho sentito profondamente il peso della responsabilità dell’occidente verso l’Africa.
Ho sentito come un disagio interiore che mi ha fatto capire, in parte, questa mia ancestrale attrazione per quel mondo. Si tratta di una diversa povertà la loro dalla nostra. 
Una storicità, un background diverso: come e cosa sarebbe stata l’Africa, in questo particolare caso il Sudafrica, se l’occidente non vi avesse messo la mano, una mano così pesante facendola da padrone?
Cosa? Come?
Eppure, anche dinanzi alla profonda tristezza che provo, sono consapevole che “è tutto perfetto così”.
Lo è nella misura in cui mi consente di sentire ciò che sento e, quindi, di decidere intimamente che quello è per me un orizzonte possibile, se Dio vuole. 
E se non si concretizzerà, certamente mi da la misura di ciò che sento, quindi sono.
È la misura del mio sentire e del conseguente agire. 
Determina il mio piccolo mondo, le mie piccole azioni.
Disegna i contorni dei miei sogni e dei miei desideri. 
Fa luce lungo il mio Cammino.
Oggi il mio pensiero assieme ad un profondo inchino, vanno Nelson Mandela.
Simo 

Il mondo si inchina davanti a Nelson Mandela

di Paul Wang

Il leader sudafricano si è spento ieri sera all'età di 95 anni. E' stato il primo presidente nero del suo Paese. Il ricordo di Desmond Tutu e di FW De Klerk: Ha insegnato a vivere insieme ad una nazione divisa. L'elogio di Aung San Suu Kyi e del Dalai Lama, premi Nobel per la pace. Anche la Cina lo definisce "amico", anche se molte petizioni di Mandela per il Tibet e per i dissidenti sono rimaste inascoltate.

Hong Kong (AsiaNews) - La morte di Nelson Mandela, il leader anti-apartheid che ha portato alla liberazione del Sudafrica e alla riconciliazione del Paese, ha colpito tutto il mondo. Statisti, Premi Nobel, prigionieri di coscienza hanno espresso la loro partecipazione al lutto del Sudafrica.

Mandela, che era malato da tempo ai polmoni, è morto ieri sera verso le 21, all'età di 95 anni. Il suo decesso è stato annunciato dal presidente Jakob Zuma con le parole: "La nostra nazione ha perso il suo figlio più grande".

Il suo alleato di tante lotte, l'arcivescovo anglicano Desmond Tutu, ha commentato la morte del leader dicendo che "Dio è stato buono con noi in Sudafrica dandoci Nelson Mandela come presidente in un momento cruciale per la nostra storia". Riferendosi alla fine dell'apartheid e al nuovo Sudafrica nato nel '90 senza spargimenti di sangue, ha aggiunto: "A una nazione divisa [egli] ha insegnato a vivere insieme".

Il segretario dell'Onu, Ban Ki-moon, lo ha definito "un gigante della giustizia e un uomo concreto per ispirazione... Molti nel mondo sono stati influenzati dalla sua lotta disinteressata per la dignità umana, l'uguaglianza e la libertà".

Mandela, primo presidente nero del Sudafrica, nel 1993 ha vinto il Premio Nobel per la pace insieme a FW de Klerk, l'ultimo presidente bianco del Paese. De Klerk, che nel 1990 ha liberato Mandela dalla lunga prigionia, lo ha definito "un unificatore" e una persona che - nonostante quanto abbia subito - "mancava di amarezza".

Aung San Suu Kyi, un altro Premio Nobel per la pace, come Mandela ha passato molti anni in prigionia. Per lei Mandela "è stato un grande essere umano che... ci ha fatto comprendere che possiamo cambiare il mondo".

Il Dalai Lama, anch'egli Premio Nobel, ha dichiarato che sentirà la mancanza di un "caro amico". "Il miglior tributo che possiamo offrire per lui - ha aggiunto - è fare tutto il possibile per onorare l'unità dell'umanità e lavorare per la pace e la riconciliazione, come lui ha fatto".

Curiosamente, nel coro degli elogi, la Cina si trova fianco a fianco con il Dalai Lama. Hong Lei, portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, ha detto che Mandela "non è solo guardato come 'il padre della nazione' sudafricana, ma ha anche guadagnato il rispetto e l'amore della gente in tutto il mondo" e ha aggiunto che proprio Mandela ha dato uno storico contributo allo sviluppo delle relazioni Sino-Sudafricane.

Va detto che Mandela - insieme a Tutu e molti altri premi Nobel - hanno spesso perorato la causa del Tibet e di altri dissidenti cinesi, come Liu Xiaobo, ma si sono scontrati con la sordità del regime cinese.

Su uno dei tanti post disseminati su internet, si legge: "Un grande uomo è morto. Mandela è grande perché ha continuato a combattere su una via non violenta, pur di fronte a un mondo ingiusto; dopo essere salito al potere, ha promosso la riconciliazione e non la vendetta fra differenti gruppi etnici; egli si è anche allontanato dal potere... Era un uomo con un reale senso della sua missione - il tipo di persona che manca nella Cina attuale".

lunedì 2 dicembre 2013

Nella nuova Costituzione egiziana libertà religiosa, ma troppo potere ai militari

Presentata ieri, la bozza del documento riconosce il rispetto dei diritti umani, la libertà religiosa e di culto. Cristiani, donne, portatori di handicap e altre categorie avranno quote di rappresentanza, ma il testo non precisa ancora la loro entità. Polemiche sui troppi poteri dati all'esercito e al governo ad interim. P. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica: "La nuova costituzione sarà solo un 'buon testo' scritto per accontentare tutti, oppure un efficace strumento legislativo in grado di cambiare il Paese?".

2 dicembre 2013

Il Cairo (AsiaNews) - Libertà di culto e religiosa, possibilità di costruire chiese ed edifici religiosi, quote di rappresentanza in parlamento e nelle amministrazioni locali per cristiani, donne e portatori di handicap, pieno rispetto della vita umana, ma anche corte marziale per i cittadini autori di attacchi contro i militari. Sono alcuni passi della nuova Costituzione presentata ieri sera dall'Assemblea costituente egiziana. Dopo l'approvazione al Senato (Shura), i 247 articoli della bozza saranno sottoposti a un referendum popolare entro il gennaio 2014.

Intervistato da AsiaNews, p. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, sottolinea che il "documento è ricco di cambiamenti positivi", tuttavia "delude le aspettative dei cristiani". Il sacerdote parla l'introduzione della quota di rappresentanza come una  "discriminazione positiva", che da un lato offre ai cristiani la possibilità di avere rappresentanti eletti e in parlamento e negli enti locali, dall'altra tradisce il concetto di uguaglianza politica e sociale rispetto ai musulmani.  

P. Greiche rilevano anche il grande impegno di Antonios Aziz, rappresentante per la Chiesa cattolica nell'Assemblea costituente, che si è battuto per inserire nel documento riferimenti all'Enciclica "Humanae Vitae" di Paolo VI, in particolare il rispetto dei diritti dell'infanzia e delle donne, il diritto all'istruzione e la difesa della vita. Il sacerdote avverte però che gli pur presentando molte novità, la bozza, e in futuro la nuova Costituzione, potrebbe restare un semplice documento scritto fatto di parole e non di fatti: "Come avviene per ogni costituzione anche quella egiziana avrà significato solo se applicata sul campo". La domanda è se essa sarà solo un 'buon testo' scritto per accontentare tutti, oppure un efficace strumento legislativo in grado di cambiare il Paese".

Dalla deposizione di Mohamed Morsi l'Egitto è piombato in un clima di caos e tensione. Da settimane gli studenti islamisti manifestano davanti all'Università d'ingegneria del Cairo contro il governo ad interim e la nuova legge che blocca le manifestazioni non autorizzate. Ieri un giovane è stato ucciso da un colpo di pistola. L'omicidio è stato subito attribuito a un agente di polizia, ma gli investigatori hanno scoperto che il proiettile non fa parte delle munizioni in dotazione alle forze dell'ordine. Nell'Alto Egitto i cristiani continuano a subire violenze e attacchi da parte della maggioranza musulmana. L'ultimo è avvenuto lo scorso 28 novembre a Wabor (Minya). Un gruppo d'islamisti del vicino villaggio di Hawarta ha assaltato e distrutto abitazioni e negozi della comunità copta ortodossa. Gli islamisti si sono ritirati solo dopo l'intervento congiunto di polizia ed esercito, che però si è limitato a disperdere la folla senza arrestare gli autori delle violenze.  

L'applicazione delle leggi e il reale rispetto dei diritti umani da parte del governo e della società restano uno dei problemi fondamentali dell'Egitto. Nonostante i cambiamenti rispetto al documento presentato durante il governo islamista di Mohamed Morsi, in molti hanno criticato la nuova bozza che darebbe ancora troppo potere al governo ad interim. Un esempio è l'articolo 204 che vieta i processi militari per i civili "tranne i casi di attacchi diretti alle istituzioni delle forze armate, agli edifici e tutto ciò che cade sotto l'autorità militare". La Corte marziale è prevista anche nei casi di attacchi diretti contro esponenti soldati e ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni. Sotto accusa vi sono anche gli articoli 229, 243 e 244, relativi al punto 2 del capitolo 6 della Carta che riguarda il periodo di transizione politica. L'art. 229 che in un primo tempo prevedeva riservava i due terzi del parlamento a politici indipendenti con solo un terzo proveniente da liste di partito è stato lasciato in sospeso. La questione sarà decisa nei prossimi mesi dal presidente ad interim Adly Mansour.

Gli altri due articoli contestati sono il 243 e il 244, riguardanti la rappresentanza politica di donne, cristiani, giovani, lavoratori, contadini e portatori di handicap. Nella precedente versione  era già stato stabilita la quota specifica per ogni categoria, ma i costituenti hanno preferito lasciare in sospeso anche questo punto, sottolineando che "ogni minoranza avrà una rappresentanza adeguata". Fra gli articoli contestati vi è il 230 che definisce la time-line elettorale. La prima versione imponeva elezioni parlamentari dopo un periodo minimo di 30 giorni e un massimo di 90 giorni dalla ratifica della costituzione, ed elezioni presidenziali entro 30 giorni dalla convocazione del parlamento. Nella nuova versione è stata eliminata la successione temporale che impone prima le elezioni parlamentari e in seguito quelle presidenziali. Essa afferma, senza specificare, che "le elezioni si dovranno svolgere entro sei mesi dalla ratifica del documento", mentre la campagna elettorale potrà iniziare dopo un mese dall'approvazione della Costituzione. (S.C.)