martedì 4 novembre 2014

Wadi el Natrun

La sveglia avrebbe dovuto suonare alle 5.40 di ieri mattina, 3 novembre, ma non lo avrebbe potuto fare dato che avevo impostato il giorno sbagliato! Meno male che Elsa, non vedendomi arrivare, alle 6 ha bussato alla mia porta ... Mai fui più svelta nel lavarmi a mo' di gatto, vestirmi e trangugiare il caffè senza assaporarne il gusto né portarne con me il ricordo :)
P. Giovanni invece, è come se fosse sempre pronto, con l'aria più o meno assonnata, ma comunque pronto.
Mi ricorda quel particolare giocattolo che ci regalarono da piccole e che si chiama "Misirizzi" generalmente con sembianze umane, che porta in sé un peso e quando lo spingi in avanti, laterale o indietro, torna sempre eretto. Ecco, Giovanni è così: comunque scorra la sua quotidianità, torna sempre in posizione eretta, sempre pronto!
Dunque partiamo alle 6.15. La città si sta lentamente mettendo in moto cosa che ci consente di viaggiare con un certo agio. Wadi el Natrun si trova a nord ovest del Cairo per cui andiamo a prendere la Alex desert road. Entriamo in "autostrada". Mi è d'obbligo virgolettare la parola perché non si è mai visto, dalle nostre parti, che la corsia di destra venga usata per viaggiare in senso contrario. 
Giovanni dopo tanti anni di servizio in Egitto, ancora non si capacita di questo fatto ed io non posso che condividere il suo pensiero. Elsa ci dice, con fare serafico, "non scordate che siamo in Egitto"!
Meshi, ok, sakh, vero! Non solo, ma una cosa altrettanto particolare capita quando aggiriamo il costruendo nuovo casello, in una sorta di Camel Trophi, su strada sterrata e accidentata, per poi rientrare in "autostrada".

Proseguiamo, dunque, con le dovute attenzioni ad ogni altro tipo di mezzo di locomozione che indistintamente supera da destra, sinistra e centro!
Arriva il momento di spostarsi per uscire alla nostra destra immettendoci nella strada che più avanti, ci porterà a destinazione.
Un'uscita molto particolare, che ci vede come "scavalcare" un ostacolo che non capisco se è asfalto dissestato o un particolare dosso rallentatore. In ogni caso riusciamo ad immetterci nell'altra strada e, poco dopo, girare a destra prendendo finalmente la strada che ci porta diritto nella cittadina.

Prima di arrivare in città, non possiamo non notare un imponete schieramento di polizia e militari in assetto guerra, visti alcuni di loro con il passamontagna e i mitra in mano vicino ai blindati.
Traffico controllato in entrata e soprattutto in uscita. Evidentemente, pensiamo, arriverà in visita qualche pezzo grosso.

Raggiunto il centro, andiamo a fare rifornimento di acqua, pane, frutta un po' di ful (un piatto tipico a base di fave) tameja (polpettine fritte di ceci e verdure) e babaganou (una purea di melanzane fritte) e frutta. Per la mia diversità divento un'osservata speciale e qualcuno qua e là mi lancia un "Welcome in Egypt". Finite le nostre compere, finalmente ci dirigiamo verso la campagna.

Ecco che dunque, poco dopo, si incomincia ad apprezzare il silenzio e l'accoglienza della distesa che mescola il verde con la sabbia.
Entriamo nel terreno dove vivono l'altoatesino Johannes con la moglie svizzera Nathalie e i loro quattro biondissimi figli: due maschi e due femmine tutti nati in Egitto.
Hanno scelto di vivere qui secondo la semplicità del cristianesimo, e di coltivare la campagna in modo naturale e anche di usare le energie alternative per avere l'elettricità per il pozzo da cui prendono l'acqua e la luce.
E' certamente una scelta di vita importante ma è quanto loro hanno sentito di volere e questo li rende integrati nella vita locale e pacificati nell'anima. Sono davvero persone molto speciali.

Da loro è stato preso un "feddan", una misura corrispondente circa ad un ettaro per tentare di dar vita all'idea del progetto di una cooperativa che lavori la terra in modo biologico costruendo sul luogo strutture che consentano di fare "comunità".
Un progetto ambizioso che mi auguro prenda vita e abbia un futuro. 
Per quanto potrò darò una mano anche a distanza, mettendo in rete le conoscenze sulle coltivazioni biologiche e sulle tecnologie alternative in modo da portare qui quanto abbiamo imparato in occidente.
Il primo contatto è già stato posto in essere con Giorgio Perini uno dei maggiori naturalisti che lavora in Trentino. Ieri ho preso dei campioni di terreno da portargli così da valutare meglio cosa è possibile fare.

Intanto, Giovanni con Elsa ed il mio piccolo aiuto, hanno incominciato a costruire il posto dove poi verranno fatti i mattoni per le costruzioni. Dunque è stata bagnata la sabbia, preparato il terreno, fatto il perimetro di mattoni, fatto il cemento per cementare le prime due file ed infine, all'interno del perimetro, è stata fatta la colata di cemento che funge da pavimento.

Tutto questo sotto un sole tiepido per loro che sono stati qui a lavorare anche durante l'estate con oltre 40 gradi, caldissimo per me che vengo dai paesi "freddi".

Il pranzo è stato condiviso con Johannes, la sua famiglia e i due lavoratori egiziani, un muratore ed un contadino. Un momento molto piacevole, di grande serenità, come un po' tutto il quel luogo di pace. 

Ma se la campagna si presentava pacifica, non si può dire altrettanto per il cielo. Lungo tutta la mattina e in gran parte del pomeriggio, numerosi aerei militari hanno solcato lo spazio in formazione in direzione della Libia da una parte e verso il Sinai dall'altra. Il continuo rombare dei potenti motori si mescolava con il cantar del gallo, il chiocciare delle galline e il tubare dei piccioni. Luky, il cane d'istanza alla campagna, non ha dato segni di preoccupazione, mentre io ho sentito, per la prima volta nella mia vita, il timore della guerra. 
Diverso era il sentimento della "piazza rivoluzionaria", che vede la cittadinanza dimostrare le proprie istanze in modo pacifico, o comunque dove, eventuali azioni anche aggressive, sono contenute in episodi isolati e gestibili. 
Anche il solo sentore dei venti di guerra è davvero altra cosa. Sapere che quegli aerei andavano a bombardare a solo qualche ora di distanza, ti fa stringere il cuore e porre molte domande dinanzi alle visioni di dolore e distruzione. Una su tutte: perché?

La nostra giornata giunge a conclusione in modo naturale al calar del sole. E così rientriamo al Cairo portando con noi Nathalie con il bimbo più piccolo (8 mesi) e la bimba che va in prima elementare in città. 

Rientrati a casa, dopo aver tolto la sabbia rimasta nelle scarpe, ho resistito giusto il tempo di una minestra e una doccia prima di crollare nel letto, stanca, ma come sempre felice.

Ahlan habibi!




Giochi di bambini a Wadi el Natrun


Tuc tuc
 

la terra sabbiosa prima della lavorazione


Piante locali spontanee

Le loro radici che invadono la sabbia


Scavi
 

Olivi

Nuova semina nella terra trasformata senza concimi chimici

L'acqua non manca anche se è leggermente salata









Foto di campo con cipolla

Campi vicini con fertilizzanti chimici e irrigazione a pioggia








Campi confinanti

Doccia

Pianta con farfalla





Casa per famiglia con 4 figli










Forno di cottura mattoni




Abitazione provvisoria

Elsa, la mitica!













Luky saus: don't go please!


La vigna non resiste















1 commento:

  1. Bel reportage. E' vero che nei paesi arabi puoi trovare di tutto per strada. Complimenti per la tua fluidità del racconto!

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