domenica 18 novembre 2012

Giocalavorando a Cordi Jesu

Ahlan wa sahlan!

Mentre sotto le finestre della Casa, sfila una manifestazione sulla questione israelo-palestinese, che ha come obiettivo la sede del sindacato dei giornalisti qui a due passi, vi racconto del nostro sabato coi ragazzi.

Ieri è stato il primo giorno di giocolavoro qui al Cordi Jesu. In quattordici (su sedici), più Sr. Teresa ed Emanuele, sono arrivati verso le 10 del mattino accompagnati da Malak. Mona è arrivata poco prima così abbiamo potuto confrontarci sul lavoro da fare. Si è deciso di affrontare le “espressioni” con l’intenzione di dar loro modo di esternare un po’ del loro vissuto.  
Ci siamo accomodati nel laboratorio. Mona ha illustrato quello che volevamo fare mentre io disegnavo alla lavagna i volti che esprimevano diversi stati d’animo: felice, triste, sereno, arrabbiato, furbo, spaventato ecc.
E così i ragazzi ci hanno detto cosa li rende felici, cosa li spaventa, cosa li intristisce. E, ancora, davanti a che cosa si rassegnano e cosa significa essere furbi.
I temi emersi, com'era prevedibile, sono stati il senso della perdita del genitore che è venuto a mancare e la tristezza, mista ad una velata malinconia, per l’assenza del genitore rimasto, dei fratelli o della nonna, da cui sono stati allontanati.
Ma, in questo amalgamarsi di tristezze, si è anche visto l’amore che i ragazzi nutrono per quella che ora è la loro mamma, Sr. Teresa. Una donna davvero amorevole e materna, una madre attenta, dolce ma all’occorrenza severa, buona e autorevole. Io e Mona abbiamo trattato con lei come fra mamme oltre che educatrici.

È stata una mattinata intensa, e anche se faticosa, è stata interessante la continua traduzione e intrepretazione fra me, Mona. Sr. Teresa e i ragazzi, mentre Emanuele si occupava di volta in vota e con grande dolcezza, delle necessità di ognuno di loro.
Ancora una volta abbiamo detto che la storia deve essere il frutto di una condivisione di pensiero e di idee e che deve nascere con il contributo di tutti.

Abbiamo avuto il tempo della merenda con i succhi l’ottima torta preparata alla mattina da Sabah.
In chiusura ho chiesto a Teresa di raccontare una storia, che peraltro conosceva, che mi piace molto e che volevo che diventasse spunto di riflessione e che vi trascrivo.

Chi credi di essere?
Un uomo trovò un uovo d’aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L’uovo si schiuse contemporaneamente a quelle della covata e l’aquilotto crebbe insieme ai pulcini. Per tutta a vita l’aquila fece quel che facevano i polli del cortile, pensando di essere uno di loro. Frugava il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di qualche decimetro.
Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d’aria muovendo appena le robuste ali dorate.
La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita.
“Chi è quello?” chiese.
“È l’aquila, il re degli uccelli”, rispose il suo vicino. “Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perché siamo polli”:
E così l’aquila visse e morì come un pollo, perché pensava di essere tale” (Antony di Mello)

Ebbene, ho fatto tradurre ai ragazzi, il lavoro che desideriamo fare con voi vuole aiutarvi a scoprire e far crescere l’aquila che c’è in ognuno di voi.

Chiudo questa brevissima cronaca col ribadire che ogni volta che sono con i ragazzi, il pensiero corre con gratitudine a tutti voi che avete sostenuto il progetto.

Salam
Simonetta




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