venerdì 16 novembre 2012

Perdersi per non ritornare


Ahlan wa sahlan!

Mentre il muezzin imperversa ad un volume altissimo per la quinta volta in questo venerdì di festa, vi parlo di due eventi avvenuti nella giornata di ieri, 15 novembre. Il primo, conosciuto e atteso da tempo, è il  compleanno di P. Alberto che è stato ampiamente festeggiato in serata al Naadi. Il secondo, meno festaiolo, vede l’arrivo a Cordi Jesu di un secondo uomo, diversamente perso per il Cairo.

Da poco passate le 13 Thaddaus, che si occupa della sacrestia, percorre il lungo corridoio per venire a dirci che nel Naadi è arrivato un uomo, un olandese, che chiede aiuto. I padri superiori sono fuori e tocca a Diego, con me al seguito, occuparsi di questo caso.
Scendiamo.

Seduto ad un tavolo all'aperto, con una tazza di Nescafè al latte, sta un signore molto alto e magro. Diego prende una sedia e gli si siede accanto. Io sto in piedi. Incomincia il gioco delle domande e delle risposte.
Diversamente da Giovanni, Michael, nome che ci darà alla fine, non traspare alcuna emozione.
La mia percezione è negativa. Lo dice il mio sesto senso che mette in stand by la mia consueta modalità accogliente. Il racconto è sintetico e va subito al sodo: mi hanno rubato soldi e documenti, sto dormendo alla diaccio da alcuni giorni, ho avuto dolori all'intestino e allo stomaco, sono andato a chiedere ospitalità ad altre chiese non sono stato accolto e mi hanno dato l’indicazione di venire qui.
Ci mostra un foglio della polizia con la denuncia del furto.
L’atteggiamento è freddo, distaccato. I suoi occhi azzurri non tradiscono alcuna emozione. Il suo lungo viso dagli zigomi alti è scavato, e termina con una mascella ed un mento squadrati, leggermente spinti in avanti. Le labbra sottili, disegnano una bocca grande. La dentatura appare sana, la barba non ha più di due giorni e la testa è ben rasata. L’abbigliamento è decoroso.
Sono in attesa che l’ambasciata mi faccia il duplicato del passaporto e fino al 21 novembre non ho modo di avere soldi. Fino ad allora devo trovare una sistemazione. Poi andrò in Spagna che qui al Cairo la vita è da pazzi, troppo caos, troppo rumore …
Tutto ciò, e quanto ancora dirò per farvi comprendere la situazione, non ci è stato raccontato in modo fluido, ma solo in seguito a precise domande di Diego, educatamente ficcanti, che cercava di capire meglio.
Non ho più alcun contatto in Olanda, prosegue, sono via da sette anni, non è poi una cosa così strana. Non lavoro per nessuna azienda, il denaro che aspetto è quello di una pensione minima di invalidità che mi arriva alla Western Union dagli Stati Uniti d’America. Con quei soldi in Olanda non è possibile vivere, la vita è troppo cara. Così vivo nei paesi del terzo mondo. Per avere il passaporto devo pagare, quindi devo aspettare i soldi.

Questo è quanto è emerso da quella che potremmo definire un’intervista ad una persona quasi reticente. Diego fa presente che non può prendere decisioni senza essersi consultato con i superiori e che, se a lui non dispiace, prederà informazioni all'ambasciata per avere un controllo di quanto dice, che è la prima volta che ci troviamo in una simile situazione.
È allora che Michael  ci da nome e cognome (che non riporto per rispetto della privacy) dicendoci, però, che le ambasciate dopo le 14 sono chiuse.
Lo invitiamo a fermarsi al Naadi dove Elsa gli servirà da mangiare e potrà riposare dentro o fuori, come preferisce.
Saliti, recupero immediatamente il numero di telefono dell’ambasciata che si trova sul retro della mappa del Cairo che ho acquistato nella bella libreria dove ho preso anche il regalo per Alberto (chissà perché le librerie sono belle ovunque. Sarà che sono luoghi pregni di cultura e chi respira quest’aria non può che crescere in conoscenza).
Diego telefona.
Rispondono.
Si presenta e chiede informazioni.
Vogliono capire perché chiediamo informazioni.
Pazientemente Diego racconta la storia ad un’impiegata fredda e distaccata. (Ma saranno tutti così gli olandesi?)
Dopo una certa attesa, l’impiegata ritorna confermando l’identità dell’uomo e la perdita del passaporto. Diego insiste per cercare di capire se possiamo fidarci ad ospitarlo.
La signora si assenta ancora, evidentemente va a chiedere cosa può dire e cosa non dire. Tornata alla conversazione dice, pare leggendo una frase scritta da qualcun altro, che non può dire altro se non che nelle altre chiese non lo vogliono più ospitare che ha dato problemi.
Avvisiamo i padri superiori e P. Giovanni telefona ad Elsa dicendole di proporre all'uomo uno scambio: in cambio di alcuni lavori che puoi fare per la missione ti guadagni i soldi per dormire fino al 21.

Nel frattempo mi faccio un film mentale, che racconto a Diego. Più o meno suona così: lui, uomo fra i 55 e 57 anni, è stato un soldato mercenario delle forze internazionali in guerra in qualche paese del medio oriente. È stato ferito non gravemente ma tanto da non consentirgli di proseguire il suo “lavoro”. Diventa quindi un invalido di guerra e prende una pensione minima dal governo USA. Come tanti soldati in tempo di guerra ha fatto uso di stupefacenti per resistere agli orrori e alla solitudine, e forse non ha smesso. Ha interrotto ogni rapporto con la famiglia di origine che forse gli stava stretta o che lui stava stretto a loro. Non ha costruito alcun rapporto di amicizia come può accadere a chi fa il mercenario. Ora girovaga per i paesi dove la vita costa meno senza avere un posto dove tornare. Quando rimane senza soldi, vive di espedienti compreso il chiedere ospitalità presso le comunità religiose.  Alla fine del film, ho suggerito a Diego di googlare il suo nome.

Ore 16.00. Scendo che devo andare da Elsa per l’organizzazione dell’evento del prossimo 24 novembre. L’uomo è seduto ad un tavolo fuori. Ha messo il giubbotto.
I soliti piacevoli convenevoli con Gaston. Bonjour Gaston comment ça va? E lui, Vous ne dites pas bonjour madame, mais bon après-midi! Ed io, ridendo che so che lo faccio contento il mio caro vecchietto: Comme vous voulez Gaston, bon après-midi!
Nel mentre arriva Emanuele con cui ci salutiamo con affetto accennando all'appuntamento di sabato con i ragazzi.
Con la coda dell’occhio lo osservo. Scrive.
Entro nel Naadi, parlo con Elsa e risalgo.

Più tardi incontro Diego e gli chiedo di Michael. Mi racconta di essere andato da lui. Gli racconta di quanto detto dall'ambasciata e, ancor prima di sentire cosa aveva pensato rispetto all'offerta di Giovanni, l’uomo, scocciato e risentito, se ne va.

Stamani Diego ha googlato il suo nome e, se non è un omonimo che gli assomiglia, l’uomo ha avuto dei guai con la giustizia americana per detenzione di stupefacenti. Le precauzioni di Diego e il mio sesto senso, assieme alle riflessioni fatte soprattutto circa la mancanza di contatti, anche di una sola amicizia, ci avevano dato le giuste indicazioni per agire.

Questo episodio ci è servito a riflettere sulla richiesta d’aiuto, sul senso dell’accoglienza come anche sulla reciprocità. Ricordo quando feci il corso per Ospitalieri dei pellegrini (volontari che prestano il loro tempo per fare ospitalità negli ostelli lungo i cammini, come i Cammino di Francesco o lungo la via Francigena o, sul più conosciuto, Cammino di Santiago), dove una delle cose che ci avevano insegnato, e di cui abbiamo discusso a lungo, era proprio la capacità di distinguere fra chi chiedeva ospitalità come pellegrino e chi, invece, come escursionista.
Offrire il proprio tempo libero ed il lavoro come ospitaliere a poco prezzo o ad offerta, quando non addirittura gratuitamente, ad un pellegrino piuttosto che a chi fa del trekking è certamente una cosa diversa.
E così anche a chi si perde al Cairo.

Salam!
Simonetta

Gaston compie 77 anni!

Tenerezza

L'entusiasmo per i regali non si esaurisce mai!


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