sabato 8 dicembre 2012

Viaggio nel Viaggio: 5 dicembre 2010 - 5 dicembre 2012

Ahlan wa sahlan amici! Vi racconto del mio viaggio nell'Alto Egitto dal 5 all'8 dicembre.
Salam! Pace e bene a tutti :-)
Simonetta

Coincidenze di un giorno non a caso.
5 dicembre. Per il terzo anno consecutivo questa data rappresenta l’inizio di un viaggio.
Nel 2010 fu il primo di un lungo digiuno in opposizione all'inceneritore  La prima settimana la passai ad Arco, in ritiro presso il convento delle suore di clausura “Serve di Maria”. Un digiuno di meditazione e preghiera lungo 33 giorni sostenuto dalla fede nel giusto, nel sacro e santo giusto.
Lo stesso giorno, nel 2011, partii per quello che sarebbe stato il viaggio propedeutico alla mia attuale esperienza: il Cairo.
In entrambe le situazioni fu il caso a decidere la data. Una data che porta in sé una sua energia, che ricorda la nascita, nel lontano 1923, di mio padre.
Quest’anno la partenza per il mio viaggio egiziano è avvenuta il 30 settembre e con il primo ottobre sono entrata in servizio come volontaria presso la missione dei padri comboniani al Cairo.
Sempre il caso ha voluto che il 5 dicembre fossi nuovamente in partenza: un viaggio nel viaggio. Così oggi, 6 dicembre, mi ritrovo qui, nella semplice stanza di questa piccola missione di suore comboniane a Nazle Khater, nell’Alto Egitto, a mezz’ora di macchina dalla stazione di Tahta, fra Assiut e Luxor.
In questo luogo di pace e silenzio, cerco il significato di questa data ormai ricorrente e intuisco che, oggi, abbia a che fare con la ri-connessione alla natura.
Viaggio nel viaggio.
Dunque ancora una volta 5 dicembre. Stavolta il viaggio nel viaggio. Mi sono chiesta di cosa mi avrebbe parlato questo momento. Di cosa voleva parlarmi? Dopo 66 giorni trascorsi al Cairo, catapultata nel caos di un traffico senza regola, dove la costante del rumore è invariabile; dopo sessantasei giorni nei quali sono accadute molte cose, succede che prendo il treno che mi condurrà qui, dove trovo il tempo per la rigenerazione attraverso la meditazione e la contemplazione della natura.
Ieri sera, ho descritto così il mio primo intenso sentire

In un silenzio astrale
risuona il canto sacro
e leggiadro delle Suore
guidate dal Padre.
L’anima mia si rigenera
nel buio dei vespri
mentre leggo di storia antica.
A momenti mi soffermo
ascoltando la voce del cuore.

Addormentandomi, la sera, ascolto il silenzio e vi scivolo dentro come nel caldo abbraccio dell’amore universale di Dio, quello che non potrà mai tradire né abbandonare.

Il silenzio: voce di Dio.
Mi sveglio al cantar del gallo accompagnato da un lieve muazzim. Sono le cinque. Il sonno è stato goduto, fondo e lungo. Il primo pensiero è per chi è caro al mio cuore. Poi mi metto in ascolto della domanda: di cosa mi vuoi parlare, viaggio nel viaggio di questo cinque dicembre?
Ascolto, e sento ancora il gallo al quale segue, passati alcuni respiri, il muggito della mucca affamata. Un cane abbaia in lontananza senza risposta alcuna. Non lascia la presa, mendico di un solo saluto.
Si accoda, col tempo, il ragliare dell’asino e il tubare delle tortore.
Ascolto. È la natura che mi parla, quella natura che non conosco. È giunto il momento, dopo tanto difendere la Natura, di mettere in accordo il pensiero con la realtà. Di trasformare in prassi personale le parole mettendo da parte il resto. Dopo tanto impegno politico, ora che ogni cosa si sta distendendo, come lenzuola fresche di bucato stese al sole, finalmente mi è concesso di respirare con calma così da vedere e imparare le cose della vita, dunque della Natura.
Capisco che non può esserci completezza e armonia nella persona se tutte le parti non entrano in accordo, se non suonano come un unico strumento. Ed ora le parti si sono scoperte ed incontrate per diventare una, unica e indivisibile. Solo così può realizzarsi l’unione con l’Universo, con l’Uno, con l’essere natura nella natura.

Cinque dicembre duemiladodici. Il mio viaggio ricomincia da tre
La sveglia è carica sulle 6.15, giusto il tempo per vestirsi ed una rapida colazione. Tutto il resto è già pronto. La piccola valigia che Valter mi ha lasciato mi accompagnerà in questo viaggio.
La mia sveglia interiore, però, anticipa l’ora e alle cinque e mezza sono già in piedi. Scendo dal letto direttamente sul tappetino da ginnastica già steso ai miei piedi. Come buona abitudine, ho preso quella di fare alcuni esercizi yoga, il Dai Lao appreso con Antonio, mio cognato e maestro di Viet Tai Chi, per chiudere con il saluto al sole, imparato qui al Cairo da Kim, il maestro yoga.
Docciata e vestita vado in cucina a preparare la colazione per me e Diego, mio compagno di viaggio. A dir la verità sono io che mi accodo a lui, chiamato dalle suore della piccola missione di Nazlet Khater, per condurre il ritiro meditativo in vista della festa dell’annunciazione, il prossimo 8 dicembre.
Sul finir della colazione, dal fondo del corridoio arrivano Sabah, Susu e Abdallah. Noi siamo pronti, un abbraccio alle due ragazze e via, verso la metro.
Ieri c’è stato lo sciopero generale contro il governatore Morsi e ci sono stati disordini, morti e feriti davanti al palazzo governativo. La situazione si sta facendo pesante in vista del referendum sulla costituzione del 15 dicembre. C’è molta preoccupazione nel mondo cristiano come in quello liberale.
Uscendo incontriamo Giovanni che ci aspetta per salutarci e augurarci buon viaggio.
Lo abbraccio, ringraziandolo per questa ulteriore opportunità.

Fuori
Usciti, attraversiamo subito la larga strada davanti a noi per andare a prendere la metro dall'altra parte. Il traffico è ancora scarso ma attraversare richiede sempre la giusta dose di attenzione.
Una volta dall’altra parte, Diego mi dice che sono diventata una vera egiziana. Non so se sentirmi orgogliosa di aver imparato a non morire investita sulla strada.
La metro arriva subito, due fermate e siamo alla stazione. Anche in questo caso attraversare è impegnativo ma fattibile.
È presto, il treno parte alle 8 ma è già sul binario n. 8. Da lì a poco saliamo sulla carrozza numero 2, posti a sedere 8 e 9 che sono uno dietro l’altro nella fila singola del vagone. Diego mi fa vedere che il sedile si può girare ruotandolo verso quello dietro. Così facciamo, tanto da poter scambiare due parole in quello che sarà un viaggio della durata fra le 7 e le 8 ore.
Sì, non v’è certezza dei tempi in questo Egitto. In nessun caso, in nessun luogo.

Si va
Unica cosa puntuale, oggi, la partenza. Guardo il Cairo dal finestrino. Ho già fatto quel viaggio nel 2011, fino a Luxor a vedere la valle del Templi e dei Re. La megalopoli srotola la povertà della sua periferia sotto i miei occhi in un continuum fino a Giza, dove si ferma per far salire un gran numero di persone.
Diego legge le notizie di ieri su un quotidiano arabo. Mi traduce il succo e mi dice degli slogan urlati, tra cui: “disobbedienza civile completa” e “l’annuncio del referendum sulla costituzione è anticostituzionale”. Nel mentre io leggo il bel libro di Sebastiano Vassalli, che racconta di storia etrusca, dal titolo “Un infinito numero”.
In questa prima classe datata e trascurata, si viaggia abbastanza comodi e poco dopo riesco a riposare che sento il peso della sveglia mattutina.

Paesaggio verde: respiro degli occhi.
Mi sveglio e finalmente osservo dal finestrino un paesaggio nuovo.
Sullo sfondo il profilo costante della brulla altura, che segue il Nilo nella sua destra orografica, accompagna lo scorrere della campagna egiziana.
Tutto in me si riposa e respira in questo treno: la mente dal rumore costante, gli occhi dal cemento, i polmoni da polvere e smog.
A stridere, in questo scorrere verde, il segno costante di una povertà culturale diffusa che si fa notare nel susseguirsi di immondizie lungo i binari e nelle innumerevoli costruzioni abbandonate che parlano di un diffuso degrado umano e ambientale.
Mentre palme ordinate nobilitano il paesaggio dal color verde piatto, a tratti spunta una lunga ciminiera che sputa un denso fumo nero.
Un cielo plumbeo ci accompagna fin dalla mattina e dopo un altro breve riposo, aprendo gli occhi m’accorgo che piove. Miracolo!
Al passare del treno capita che stormi di uccelli bianchi dalla notevole apertura alare, s’alzino in volo pennellando la macchia verde di un elegante tocco bianco. Più tardi Suor Lisa mi dirà che si tratta dell’Abu kerdan, altrimenti detto “l’amico dell’agricoltore” perché mangia gli insetti dannosi alle coltivazioni. Altri due, mi istruisce con dolce pazienza, sono gli amici del contadino: l’Abu faasad e lo Hod hud.
Ha forse scordato di darci qualcosa Dio? Direi di no, salvo che noi non lo sappiamo o vogliamo vedere o sapere.

Visioni dal finestrino
Sul giungere dell’ora del pranzo, in alcuni siedono in fila ai bordi dei campi, costumando immagino del cibo.
Il treno, lento come l’intorno, mi consente di osservare il divenire delle cose con una certa attenzione.
Le strade dritte, che dalla campagna portano nei villaggi, si colorano di persone e animali.
Alcune donne generalmente dagli abiti colorati, camminano a coppie portando sulla testa catini ricolmi di generi diversi. Un ragazzo in bicicletta pedala senza fretta verso un orizzonte privo di case. Dove arriverà, mi chiedo. Asini carichi di fogliame verde su cui siede il loro padrone, apparentemente senza orari da rispettare, procedono compostamente. Qualche cane sfaccendato passeggia senza fretta e rare mucche pascolano mollemente. Ogni tanto un motocarro, sul cui cassone sta accovacciato un uomo con i capelli al vento, sfreccia sollevando la polvere. Ma anche i più lenti tuctuc, pizzicano la carreggiata con le loro ricercate decorazioni.

Il colore della terra cruda, parla di fertilità, ed è come un’isola in un mare verde. Disegnando geometrie perfette rallegra il triste grigiore dei villaggi, fino a giungere ai margini delle città dove le periferie che seguono i binari, ci ricordano il degrado con l’immondizia disseminata ovunque, e ovunque bruciata a cielo aperto.

Sorprendersi
Alcune cose mi sorprendono come il vedere, in un villaggio dall'aspetto molto povero, esposto fuori da una bottega, un vestito da sposa rosa, vaporoso come quello di Cenerentola nel giorno del suo principesco matrimonio. A seguire, nel mezzo della campagna, senza un prima né un dopo, sta un muro bianco, presumibilmente lungo una quindicina di metri, nel mezzo del quale c’è una porta verde chiusa. Misteri della campagna egiziana.
E ancora, i segni di una civiltà industriale del tempo giurassico, si palesano con due ciminiere dalle quali spumeggia un denso fumo nero che viaggia verso sud, trasportato da un vento leggero.
Tutto questo accompagnato dai personaggi di cui sopra.
Seguiamo il profilo di questo paesaggio fino alla nostra destinazione, Tahta, dove scendiamo attesi da Lisa, sorella del nostro Taddaus, una suora egiziana dolce e accogliente come suo fratello.

A destinazione
Mezz'ora di macchina trascorsa su strade semi asfaltate, piene di enormi dossi rallentatori fatti d’asfalto, a volte rotti a metà, certamente pericolosi come le montagne russe. Ed è all'autoscontro del luna park che si può paragonare la guida da tenere in questi luoghi. Come se si fosse scoperchiata una botola da cui escono impazziti mille scarafaggi, così i tuctuc impazzano per le strade senza alcuna regola. Lisa, imprecando, abilmente si districa nella ragnatela tessuta da questa follia collettiva. Quando il brulicare scema, ci indica le piantagioni di Lifa, che producono una lunga spugna che ho visto al mercato di Helwan.

Come le nostre vigne al meridione, la Lifa costruisce una specie di tettoia rallegrata dal giallo dei suoi grandi fiori, sotto la quale pendono una sorta di enormi zucchine. Una volta raccolte e lavorate in un certo modo, danno vita a lunghe spugne che si usano per lavarsi.

Giungiamo infine al villaggio di Nazlet Khater dove le altre sorelle attendono Abuna Diego e me.
Sono quattro in tutto: Lisa l'egiziana, Giacinta e Cesarina, italiane e Angzegeberhan l’etiope dal nome impronunciabile.
Non più in giovane età, le sorelle sono tenere e accoglienti  Ogni cosa è piccola e dignitosa nella casa di questa comunità. Una pittura azzurro pulito ricca di fiori bluette, adorna i muri donando un particolare tocco femminile. Ogni cosa, nella sua semplicità è segno di cura e attenzione femminile. Le sorelle si muovono in maniera armonica fra di loro. Basta guardarle fare i piatti: chi lava e chi asciuga, chi ripone mentre c’è chi fa la cucina. Un’organizzazione impeccabile. Il cibo è semplice ma completo.

Dopo il pranzo avvenuto in tarda ora, Lisa mi accompagna in stanza mentre Diego viene accompagnato da Cesarina alla casa del Padre che lo ospita per le tre notti che passeremo qui.
Si mettono d’accordo per i primo ritiro alle 17. Ed io mi corico sul letto, leggendo il mio libro per poi addormentarmi cadendo in un sonno profondo. Vengo risvegliata, dal canto delle suore.
Sono quasi le sette e mezza, l’ora della cena, ed io scendo finalmente riposata.

Tornando, ricordo
Dei giorni trascorsi, ne scrivo solo ora, sul treno che ci riporta a casa.
In questi brevi giorni, in cui lo scorrere del tempo ha assunto l’incedere lento di questo treno, ho fatto esperienza del trascorrere della vita in un villaggio nel sud dell'Egitto.
Suor Cesarina ci ha guidato nella visita all'asilo dei bambini cattolici che si trova nella chiesa, come il dispensario guidato da tempo immemore dall'amabile suor Giacinta. Bambine e bambini vispi, dagli sguardi curiosi e intelligenti  ci salutano in coro intimoriti e incuriositi dalla nostra presenza. Quando poi Diego si presenta come “Abuna” (Padre), non nascondono lo stupore per il suo vestire in “borghese”. Da lì a breve arriva l’attesa ora dell’intervallo ed i bimbi scendono in cortile a giocare. Corrono a salutare Abuna Diego e si mettono a cantare il loro repertorio in vista del Natale. Il piccolo Agostino, davvero piccolo e con l’aria più vispa di tutti, pare già un capopopolo che si mette davanti al gruppo cantando e battendo le mani. Ci guarda fisso negli occhi in attesa di un cenno d’approvazione, lui, a cui è stato dato l’importante compito di recitare la parte del Gesù Bambino nel presepe vivente. La parte di Maria spetta, ci tengono a sottolinearlo, a Simon, che porta il nome simile al mio. Momenti, questi, di impagabile tenerezza!

Noi e gli “altri”
Passeggiando oltre la chiesa, lungo le strade del villaggio, Cesarina, con il suo sottile slang veneto  ci indica sottovoce le strade dove vivono i cristiani e quelle degli “altri”. Poi ci tiene a farci conoscere una donna, una donna davvero buona, che pur vivendo in condizioni molto misere porta sempre disegnato sul volto un sorriso.
Aprendo la porta, su quell'angolo di terra che è la sua unica dimora (che di casa non puoi parlare), ci accoglie allungando le braccia e baciando le nostre mani. Sorride, appunto,  e i suoi piccoli occhi azzurro chiaro, sprofondati nei solchi delle rughe del suo volto, parlano di una serena accettazione del suo destino.
Sempre con questa serenità di fondo, inizia il racconto delle fatiche della sua giornata passata ad occuparsi degli animali che vivono con lei ed il figlio.
Prima di lasciarla, Padre Diego le da la benedizione ponendo le mani sulla piccola testa china. Un momento, questo, denso di sacralità che commuove l’anima nel profondo.
Torniamo per il pranzo e a tavola la conversazione passa dalla vita del villaggio, alla rivoluzione in atto, per arrivare alle altezze del campanile della chiesa con la croce e quella del minareto della moschea; il tutto passando sempre per l’amore e la volontà di nostro Signore.
Dopo il pranzo ed il riposo pomeridiano, arriva l’ora della spiritualità e dei Vespri.

Il giardino di Lisa, tempio di meditazione
Anche per me è il momento della meditazione e della lettura. Dedico anche del tempo alla scrittura affinché il percorso meditativo, così come tante sensazioni ed emozioni provate, non cadano nell'oblio.
Molto del mio meditare si svolge nel piccolo “Giardino di Lisa” dove occupano uno spazio importante le piante da frutto e “l’Orto di Lisa”.
Quando si dedica a mostrarmi il suo orto, ma anche tutto il suo giardino, Lisa esprime un amore profondo per le sue creature, raccontandomi il susseguirsi delle vicende accadute in quel fazzoletto di terra.
La vigna, ad esempio, prima rigogliosa, è ora quasi defunta a causa di un’errata potatura fatta da non so chi ed è in atto un tentativo di resurrezione  Poi mi racconta delle palme da dattero e di come si fa a fecondare la femmina con i fiori del maschio (cosa che viene fatta solitamente a mano dall'uomo); la gauafa, una pianta di cui si usano i frutti e le foglie per le tisane. E, ancora, la papaia femmina e i tre ancor piccoli maschi della papaia … di cui frutti e foglie hanno anch'essi proprietà curative importanti.
E poi l’angolo del verde, con gli spinaci, l’insalata, le biete, i pomodori italiani, il prezzemolo non prezzemolo (di cui non ricordo il nome!), il particolare basilico egiziano, leggermente diverso dal nostro, il rosmarino … e tanti fiori e rampicanti che adornano questo angolo di paradiso.

L'occhio dell'anima
Quando mi ritrovo lì da sola, immersa nelle mie meditazioni, mi prendono i raptus fotografici e incomincio a scattare foto con l’occhio interiore della mia anima che vede oltre ciò che vede l’occhio esterno. Se potessi tuffarmi dentro ogni singola foglia, fiore, frutto, lo farei per sentirmene parte e guardare da lì dentro il mondo, allo stesso modo di come loro vedono me.

L’eterna brevità del tempo
Trascorrono così tre brevi ed eterni giorni e altrettante notti dormite, come Dio comanda, nel silenzio della campagna, animato da suoni dal sapore ancestrale per chi, come noi, vive immerso nel caos metropolitano.
In questi tre brevi ed eterni giorni, si è stabilita una felice sintonia con Lisa e la altre sorelle. Mi sono sentita circondata da coccole discrete ma molto efficaci per il mio spirito che si è sentito accolto come a casa.
Ricordo tutto questo qui, seduta in questo treno.

È già ora di tornare
Stamani al risveglio, mentre già correva il tempo delle Lodi mattutine, ho preparato la mia valigia nella quale avrei riposto, poco più tardi, le foglie di guafa raccolte, lavate ed asciugate, che avrei portato a casa per fare la tisana serale guaritrice della tosse.
Scendo quando le sorelle si affaccendano nei preparativi della colazione: il dolce fatto ieri da Lisa sta in mezzo alla tavola, ancora nascosto sotto un lindo tovagliolo. Il latte munto di fresco è giunto a bollore ed il profumo del caffè ci indica che è il momento di accomodarci.
Cesarina, come sempre, inaugura la tavola con la preghiera del ringraziamento.

Ultimi sguardi verdi
Prima di partire, come promesso, Lisa mi porta a fare un giro nella campagna lì fuori. Indicandomi quella alla nostra destra mi dice che è tutta dei cristiani mentre l’altra, alla nostra sinistra, è “loro”.
Offre davvero di tutto questa verde campagna: pomodori, peperoni, patate, aglio, cipolle, grano, mais, ogni tipo di erba verde e palme da dattero, palme e ancora palme.

Sorelle di pace
Mi racconta, questa piccola donna brillante ed energica, ma anche tanto dolce, di solo qualche anno più grande di me, di come la presenza delle suore sia stata portatrice di pace fra le due religiosità. Mi narra di quando agli albori del loro arrivo, qualcuno andò alla polizia per dire che non le voleva, che non potevano farle stare. Allora gli altri abitanti del villaggio, che di questo avviso non erano, andarono anch'essi dalla polizia dicendo che se non avessero concesso loro di avere una casa propria, avrebbero costruito degli spazi nelle loro case dove farle vivere.
Così il permesso venne concesso e da allora la pace si fece più stabile.
Le loro attività hanno aiutato le persone a crescere attraverso i corsi di alfabetizzazione, l’educazione all'igiene e al cucito, le cure mediche e l’attenzione che spesso solo le suore missionarie, sanno donare con vera gratuità.

Amare il tempo
Ho amato intensamente questi pochi giorni che ripercorro volentieri lungo questi appunti di viaggio, su questo treno così lento che ci fornisce una grande lezione di pazienza. Ora torniamo a casa, al Cairo, dove ci aspetta il proseguire di un’importante rivoluzione che speriamo scriva, questa volta, una pagina di vera democrazia di cui questo Paese ha tanto bisogno.

Un abbraccio
Simonetta

Ahlan!

Dalie
Diego, Lisa e Cesarina
Le forme e la luce
Palma nel vaso
Sorella Lisa
La lifa
Desiderio di armonia
Azzurro limone
Luce del mattino
Luce artificiale e non
Non è prezzemolo
Passante
Dalla finestra delle scale
      
Accoglienze
Profili diversi

Faro nella notte
Abuna Diego si presenta
Abu kerdan, “l’amico dell’agricoltore” 
Gli antenati pregano il dio Sole

Archeologia tecnologica
Raggi di luce
Bucare il video
Buongiorno mattino!
Campagna egiziana


Cheise longue
Cimitero mussulmano: colori
Colore in primo piano
Colori stesi al sole
Chi mi guarda?
Attraversamenti
Il colore rosso fiore del cuore
Finestra - particolare
Il sale che sale lascia il suo segno
Luce in ingresso
Appesi ad un filo, attendiamo gli eventi
Ingovernabili geometrie
Innesti moderni
Scorcio di palmeto
Intrecci non previsti
Cori: Agostino inizia l'avanzata

Agostino, il determinato
Futuro capopopolo!
L'orto di Lisa
Un unico filo conduttore
Asilotti

      
La vita in una mano
Profili sconnessi

Limoncini
Abbaglio
Luci del mattino
Natura senza confini
Natural design

Punti di vista diversi, orizzonte unico
Visione d'insieme per un sano relax

Fiori di papaja
Papaja
Percorsi
Posteggio libero
Guardare le proprie ombre
Profili diversi
    
Senza parole
Intreccio con luce
Radici egiziane
In attesa della resurrezione
Riflessi
Sementi in attesa della semina
Sfumature d'azzurro

Slow life, slow job
Proiettarsi verso l'alto
Intrecci di colori
Camminare
Formica gigante
Occhio al cielo!
Scende di vita quotidiana

Saper ascoltare, saper comunicare
Starsi nelle pieghe

1 commento:

  1. Grazie Simo per avermi fatto partecipe delle tue emozioni... della tua anima. Ti voglio bene. Lory

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