sabato 26 gennaio 2013

Ma quale rivoluzione?

Passate da poco le 9 del mattino, sono uscita per andare a vedere la piazza il giorno dopo.
Non è stata una notte tranquilla. Qui sotto casa si è sentito ancora sparare e anche un'esplosione sorda.
Il tempo è cambiato in maniera repentina e la mattina si presenta già calda. Poca gente in giro, soprattutto uomini. E' ancora presto per il lavoro.

Il passo è svelto e lo sguardo basso, all'egiziana. Decido di passare dalla parte del museo Egizio e non dalla strada dove è passato il corteo ieri che farò al ritorno.  Sento che sono osservata in quanto "diversa" e sola.
Ogni tanto qualcuno mi dice "welcome in Egypt", la tipica frase di approccio con gli stranieri. Proseguo imperterrita, senza prestare a nessuno il mio sguardo.
La piazza si profila al mio orizzonte e il filo spinato, più alto del solito luccica alla luce del sole mattutino. Entro. Lo spettacolo che si offre ai miei occhi è deprimente. Laddove ieri un mare di folla invocava a gran voce "libertà" e le dimissioni di Morsi ora c'è un mare di "zibala", immondizia. Un tappeto di sporcizia ricopre la piazza mentre lentamente il presidio si risveglia. 
Operatori ecologici di antica concezione incominciano un immane lavoro ... tanto che mi chiedo se lo finiranno mai.
Giovani e meno giovani stazionano a gruppi qua e là, mentre nuvolette di fumo si sprigionano dai carretti dei venditori ambulanti di cibo e te. Gli odori di cibo, zibala, dell'umanità ed i suoi "residui" si mescolano in un crescendo legato all'aumento del calore del sole.
Avrei voluto fare delle fotografie per farvi vedere, ma oltre al timore di essere sola, ho anche sentito una sorta di pudore nei confronti di questa gente e della loro piazza. Ho pensato che sarebbe stato umiliante presentare questo volto della rivoluzione.
Però una riflessione la voglio fare e la faccio citando il Mahatma Gandhi: "Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo".
E mi chiedo come si possa pensare di passare da un qualsivoglia regime dittatoriale alla democrazia quando manca la coscienza di base del rapporto fra gli esseri umani e il luogo che li ospita, la natura di cui di nutrono.
Il rispetto per l'altro, intendendo con questo ogni forma vivente, natura in primis, è alla base della democrazia. Senza questo sarà sempre tutto votato al decadimento.
Per questo sono convinta che la prima rivoluzione debba avvenire dentro le persone e che questo debba essere un obiettivo insegnato sia laicamente che religiosamente, imparato e trasmesso di generazione in generazione.
Con questa riflessione giro sui miei passi e torno verso casa passando per una St. Talat Harb, ancora desertica, ma dove risuona ancora oggi la forte voce di un popolo che vuole cambiare ma che, per farlo, deve acquisire ancora molti strumenti.
In bocca al lupo, Egitto.



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